mercoledì 21 febbraio 2007

Lo sviluppo organizzativo per le imprese edili

Le imprese analizzate condividono una serie di punti di forza, che permettono loro di presentarsi sul mercato in modo efficace:
  1. coinvolgimento attivo dell’imprenditore nella gestione aziendale, conoscenza diretta delle attività svolte, frequente concentrazione della formula imprenditoriale in una unica figura o, nel caso di più soci, chiara differenziazione dei compiti;
  2. diffusa cultura del lavoro, amore per il lavoro “ben fatto”: l’impresa non è solo uno strumento per “far soldi”;
  3. marketing di nicchia territoriale e relazionale, basato su una condivisione da parte dell’imprenditore dello stesso ambiente sociale di dipendenti, fornitori, clienti: inserimento sui valori del territorio in cui si opera;
  4. flessibilità verso i mercati, disponibilità a impegnarsi su più linee di attività;
  5. indebitamento spesso contenuto, grande attenzione alla gestione finanziaria complessiva.

Non manca tuttavia una serie di punti di debolezza diffusi, che in molti casi rappresentano il rovescio della medaglia dei punti di forza sopracitati:
  1. conservazione di un approccio di marginale al mercato, basato sulla convinzione di non essere in grado di influenzare la dinamica competitiva nel settore;
  2. intreccio tra affari e famiglia che porta a scelte incongruenti sul piano della razionalità gestionale;
  3. scarsa accumulazione di know how all’interno dell’impresa, insufficiente sistematizzazione della conoscenza posseduta;
  4. scarsa cultura pianificatoria e di budgeting, approccio indeterminato alla programmazione;
  5. strutture finanziarie autoalimentate e rigide, scarsa dimestichezza con gli strumenti del project financing;
  6. destrutturazione organizzativa che si traduce in una adhocrazia dell’ultimo momento e incapacità di misurare le prestazioni del personale;
  7. qualità non sempre organizzata e quasi mai comunicata e resa evidente;
  8. indulgenza verso condizioni non trasparenti di gestione e rapporto con committenti e fornitori.



Le priorità di intervento


La ricerca ha evidenziato situazioni organizzative, gestionali e di business in molti casi anche estremamente differenziate. Difficile fare un discorso progettuale valido per tutte le imprese.
Volendo trarre comunque una serie di considerazioni che si adattano a buona parte delle imprese analizzate si può dire che:
  1. le dimensioni di impresa non emergono come una fattore assoluto di ostacolo allo sviluppo; esistono solo dimensioni troppo piccole o troppo grandi rispetto al business in cui si vuole operare; quello che serve non è una crescita dimensionale, ma una crescita imprenditoriale e manageriale.
  2. Lo sviluppo passa da continui sbilanciamenti commerciali seguiti da aggiustamenti strutturali; il percorso contrario, cioè di sbilanciamento strutturale, rischia di essere fatale (come nel caso di impresa cessata da noi analizzato) oppure di bloccare lo sviluppo.
  3. Le imprese che si sono sviluppate partendo da piccole dimensioni, hanno:
  • internalizzato le funzioni amministrative;
  • esternalizzato buona parte della produzione;
  • esternalizzato parte dell’attività commerciale (a consorzi, a società miste);
  1. si sono basate su titolari dotati di titoli di studio appropriati (in caso di unico titolare) o su coppie di soci con funzioni ben distinte fra loro.

La crescita può essere favorita da alcune azioni organizzative:
  • sviluppo di figure di capi commessa nelle aziende all’interno di una struttura organizzativa per progetto;
  • introduzione di sistemi di programmazione e controllo;
  • sviluppo di nuove capacità di marketing;
  • creazione di reti di imprese, anche per gemmazione diretta, con imprese complementari;
  • investimento sull’innovazione dell’offerta, non solo in termini di prodotti ma anche di servizi.

Le azioni sopra descritte, lungi dall’essere prescrittive, si riferiscono ad un campione di imprese limitato, ma a nostro avviso significativo.



Lo sviluppo organizzativo per lo sviluppo di impresa


Le strade da intraprendere per lo sviluppo sono molteplici. Ne evidenziamo qui due, una che spinge l’attenzione fuori dai confini dell’azienda, l’altra che invece ha lo sguardo maggiormente rivolto alle problematiche interne.
La prima è la strada del benchmarking, la seconda è la strada della sistematizzazione e comunicazione delle conoscenze.

Il benchmarking è una strategia di individuazione di centri, esperienze e modi di fare "eccellenti" all'interno di un'organizzazione o di un sistema, per valorizzarli, renderli noti e farne pietre di paragone, parametri di qualità o modelli da imitare per l'intero sistema. Il benchmarking è un’attività volontaria di un‘impresa che vuole migliorare, e presuppone un ruolo attivo e di governo da parte di un ente terzo, pubblico o privato che sia. La posizione di una associazione di categoria o di un consorzio è, da questo punto di vista, la più indicata.
Il benchmarking costituisce un metodo di lavoro che si presta a numerose applicazioni rispetto ai problemi emersi in questa ricerca in quanto vi sono spazi in cui è possibile:
  1. economizzare sugli sforzi di progettazione e di innovazione delle singole imprese favorendo anzitutto la comunicazione e quindi la conoscenza delle esperienze e delle soluzioni vincenti già sperimentate da qualcun altro dentro il sistema;
  2. migliorare gli standard complessivi supplendo alle debolezze delle tradizionali linee di rapporto grazie all'autoimprenditorialità e allo spirito di emulazione.
Se promosso dall’associazione o dal consorzio, il benchmarking può essere sviluppato in forma estremamente cooperativa. In questo caso il flusso di conoscenza parte da aziende leader verso un team di altre imprese, anche in forma anonima, attraverso intermediari (consulenti, associazioni, enti di ricerca), creando così delle relazioni interorganizzative indirette.
Qualsiasi azione in ottica benchmarking presuppone un certo grado di cambiamento nella situazione dell’impresa coinvolta nel processo di scambio. Fondamentale risulta a tal proposito una profonda convinzione dei gruppi dirigenti.
La scelta benchmarking rappresenta una interessante possibilità per una impresa nel momento in cui è in grado di:
  1. conseguire consistenti economie di specializzazione;
  2. stabilire accordi rigorosi e verificabili;
  3. mantenere il controllo sulla sua missione.
Le imprese interessate a questa esperienza, oltre ad un supporto esterno, devono dotare la propria struttura di basi di conoscenza della propria organizzazione. Devono quindi creare competenze interne che possano dialogare con cognizione di causa con altre imprese e soggetti facilitatori, interpretarne le informazioni, valutare il grado di interesse dello scambio.
Quest’ultimo punto ci porta a trattare l’altra azione di sviluppo organizzativo da noi prefigurata, quella di intervento sulle conoscenze.

L’intervento sulla sistematizzazione e comunicazione delle conoscenze riguarda tutte le imprese analizzate, che segnalano difficoltà di circolazione delle conoscenze in azienda.
Questo spesso è dovuto alla scarsa abitudine alla formalizzazione delle conoscenze da parte di coloro che dovrebbero trasmetterle, ed una difficoltà comunicativa nel mettersi in contatto con linguaggi e contesti diversi, così che spesso esperienze innovative rimangono esclusivo appannaggio del titolare, che non si preoccupa di sistematizzare e divulgare il proprio know how.
La gestione del trasferimento delle competenze fra titolari e collaboratori (familiari, soci o dipendenti) richiede una serie di accorgimenti gestionali da parte di entrambe le parti, con una divisione dei compiti chiara fin dall’inizio.
Da parte del titolare occorre in particolare codificare le conoscenze possedute: si tratta in sostanza di passare da una conoscenza fortemente specifica ed idiosincratica, in parte esplicita ma spesso tacita, ad una conoscenza maggiormente scientifica, che assuma le caratteristiche di “bene” a disposizione del sistema aziendale. Più le conoscenze tecniche del titolare sono codificate e formalizzate maggiori sono le possibilità di trasferimento. Alcune attuali difficoltà di trasferimento infatti non stanno tanto nella complessità del lavoro in sé, quanto nell’insufficiente investimento ed attenzione alla sua codificazione.
Per le associazioni di categoria e le strutture di servizio alle PMI del settore costruzioni si apre uno spazio di lavoro importante per far crescere le capacità degli imprenditori di sistematizzare le conoscenze e comunicarle ai collaboratori. La consapevolezza da creare è che l’imprenditore non è solo colui che costruisce un’impresa e la sviluppa, ma è colui che sa anche trasmettere le proprie conoscenze e competenze ai collaboratori, non disperde il proprio know how al momento dell’abbandono dell’attività, sa generare nuove imprese e nuova imprenditorialità.
Se questi presupposti verranno soddisfatti allora potremo compiutamente parlare non solo di imprese di costruzioni, ma anche di costruttori di imprese.

Idee di sviluppo per le imprese edili


Scenari ed azioni sul versante delle Idee di Sviluppo


Le piccole e medie imprese di costruzione devono apprendere a riflettere in maniera sistematica sulla propria missione, sull’ampliamento e diversificazione delle core competencies, in un’ottica di concezione sistemica dell’impresa. L’introduzione e lo sviluppo di questa capacità presuppone un imprenditore in grado di recepire offerte innovative volte a ridisegnare il suo stesso approccio al ruolo di imprenditore. Ed è proprio sull’imprenditore stesso che occorre fare il lavoro più delicato, sulla sua visione individualistica, sulla sua profonda convinzione che la prosperità dell’azienda tragga origine esclusivamente dalla sua capacità intuitiva. Qui stanno i maggiori ostacoli alla managerializzazione dell’impresa, che costituisce il presupposto per la crescita, lo sviluppo e la trasmissione del valore aziendale.
Non è la piccola dimensione il rischio che incombe su queste imprese, bensì la carenza di managerialità e di visione strategica. Le imprese del campione non hanno avuto successo grazie ad economie di scala, ma in base a diversificazione e flessibilità. Quello che ha funzionato in passato, e serve per il futuro, è la capacità di individuare e realizzare strategie di nicchia.
Queste imprese, per avere successo, non devono necessariamente crescere. Devono piuttosto saper organizzare le risorse che si formano nella filiera edilizia e che sono controllate da altri soggetti economici, attraverso intese e accordi di collaborazione. Le risorse che la piccola impresa può mettere in campo sono la creatività dell’imprenditore, la flessibilità organizzativa e la conseguente capacità di adattamento alle richieste del mercato, la possibilità di lavorare per piccole commesse specializzate. Tuttavia l’impresa paga le sue ridotte dimensioni in termini di inadeguatezza delle competenze manageriali possedute. Le funzioni aziendali sono poche e spesso indistinte, e gli aspetti gestionali critici sono concentrati sul titolare, con poche e indefinite deleghe. Ciò rappresenta, oltre che un elemento di debolezza strutturale e di vulnerabilità, anche un fattore di conservazione, in quanto spinge l’impresa a cimentarsi solo su terreni conosciuti.



Azioni da sviluppare sul versante delle Idee di Sviluppo


Le azioni da intraprendere sono molteplici, e su questo versante vale più che mai il principio dell’azione personalizzata a seconda della situazione della singola impresa.
A livello generale possiamo segnalare necessità, per le imprese orientate allo sviluppo, di familiarizzare maggiormente con mondi e mercati finora sconosciuti, attraverso gruppi di confronto tra imprenditori, viaggi di studio o di interscambio con aziende di altre realtà. Possono inoltre essere sviluppati interventi di formazione, intesa come momento di incontro, confronto e condivisione trasversali tra imprese ed imprenditori, anche finalizzata ad una collaborazione in progetti comuni.
Più in generale va detto che una esigenza chiara emersa è che le esperienze fatte da un’impresa vanno comunicate, valorizzate e messe a disposizione delle altre imprese, attivando gruppi di lavoro per scambi, studi di nuove tecnologie, collaborazione su obiettivi specifici L’interscambio può essere attuato con maggiore facilità sui versanti tecnici e gestionali, dove non vi sono esigenze di riservatezza al pari di altri versanti.
Vi sono infine spazi per servizi di pianificazione strategica a carattere generale e di categoria (centri studi di categoria e di settore).

Scenari ed azioni per le imprese edili


Scenari ed azioni sul versante del Mercato edilizio

Il settore edile risente di spinte contrapposte: da un lato vi sono numerosi segnali di persistenza - se non di incremento rispetto a qualche anno fa - di situazioni di arretratezza; dall’altro vi sono esperienze concrete di cambiamento e innovazione.
Si segnalano casi di peggioramento sul versante del “mestiere”, con la progressiva scomparsa di personale qualificato. Diffuso rimane il ricorso al cottimo e a prestazioni dequalificate, con conseguente caduta della qualità di determinate lavorazioni. Solo in alcuni casi tale fenomeno viene bilanciato con iniziative di “retroinnovazione”, cioè di qualificazione artigiana su specifiche lavorazioni (es. restauri, trattamento di materiali speciali, etc.) . I lavori di recupero determinano una miriade di interventi di rinnovo e riqualificazione.
Le imprese analizzate nella nostra ricerca in più di un caso danno l’impressione di richiudersi in micro-aree territoriali da cui non sembrano peraltro arrivare spinte innovative.

Le spinte innovative vanno arrivano sul versante del cambiamento del paradigma del prodotto edilizio, della sua concezione di base. La casa (che sarà sempre più anche un luogo di lavoro) tende a trasformarsi in un prodotto “intelligente”, con livelli di fruizione impiantistici sempre più elevati. Il valore del prodotto edile cambia: esso è dato non solo dal bene fisico in quanto tale, ma dall’insieme della resa dei processi innescati dall’edificio. È il valore d’uso per la committenza quello che conta. Il valore è dato dalla misura in cui il manufatto è in grado di risolvere i problemi della committenza: velocizzare la produzione, ridurre i consumi, adeguarsi ai cambiamenti, aumentare la sicurezza, etc. Ogni prodotto può essere visto non come un insieme di singole componenti, ma come sistema: sistema tetto, sistema pavimento, etc, passando da un approccio specifico ad un approccio globale. Significa considerare non solo le funzioni primarie del prodotto (copertura e isolamento nel caso del tetto) ma anche esigenze come la generazione di energia a basso costo o la collocazione di cavi e fibre per telecomunicazioni. Si parla sempre più quindi di sistema casa ecologica, sistema casa intelligente, etc., e di prodotti indirizzati a specifici target di utenti: anziani, tele-lavoratori, ambientalisti, etc.
Si sviluppano inoltre interventi di manutenzione programmata e di Global Service. Nell’edilizia non residenziale privata si sviluppano il mercato dei parchi commerciali, dei centri commerciali, delle c.d. sale “multiplex”, etc.. I dati di redditività delle iniziative che vedono la fornitura di prodotti edili e servizi congiuntamente sono significativi: ad es. per contratti di Global Service ci si aggira attorno ad un 20% di tasso di ritorno di capitale, con un margine di redditività del 4-5%, mentre la sola costruzione presenta dati rispettivamente del 5-7% e del 2%. Chi produce l’edificio non trattiene più a sé il valore creato, ma lo condivide con gli operatori confinanti nella filiera produttiva. L’impresa edile rischia di non essere più il traino della filiera, ma di divenire un attore fra i tanti, spesso nemmeno il principale.
Il mercato edilizio sta vivendo in questi anni una fase di sviluppo in cui sta progressivamente cadendo la distinzione fra progettare e fare, a favore della capacità di gestire processi integrati che partono dal finanziamento dell’opera giungono fino alla formazione del personale. In altri termini, questa è la fase in cui sopravvive l’impresa capace di intervenire nel ciclo lungo della commessa, fornendo servizi di vario livello ai diversi committenti (utilizzatori finali, finanziatori, enti pubblici).
Esistono mercati che maggiormente si prestano ad essere serviti da imprese come quelle da noi analizzate. Sono le stesse strategie di impresa tuttavia che spesso rigettano la scelta di specializzazione, preferendo giocare su più versanti in modo da tutelarsi dai rischi di crisi sub-settoriale. La conseguenza è la genericità delle competenze ed una sorta di condanna all’anonimato sul mercato, con anche il forte rischio di perdita delle professionalità maggiormente pregiate.
Le linee di possibile specializzazione sono molteplici, e si possono basare sul presidio del territorio (che è quanto già cercano di fare gran parte delle PMI analizzate nel corso di questa ricerca), ma anche su una particolare tecnologia (recupero, restauro, conservazione, etc.), o su una particolare combinazione Prodotto/Mercato (es. agenzie bancarie, centrali telefoniche, abitazioni ecocompatibili, edifici telematici, etc.). Altre specializzazioni possono derivare dal possesso di un particolare know how (ad es. professionalità gestionale), o di canali privilegiati di accesso al mercato del lavoro.
Il criterio che deve guidare la ricerca della specializzazione è il possesso da parte dell’impresa di una qualche capacità distintiva, che la metta al riparo da imitazioni da parte di concorrenti e che le consenta di riprodurre nel tempo e nello spazio lavori conosciuti.


Azioni da sviluppare sul versante del Mercato

Le piccole imprese di costruzione spesso non colgono i mutamenti di mercato, e danno per scontato che certi avvenimenti non siano significativi. Devono invece aumentare la propria capacità di cogliere i cosiddetti “segnali deboli” del mercato, da cui possono trarre origine nuove idee di prodotto o di servizio. Molti mercati non vengono oggi serviti perché non si conoscono o perché, come nel caso degli Enti Pubblici, non si hanno le competenze necessarie per gestirne gli aspetti formali e burocratici.
Appare quindi da potenziare la funzione marketing. Questa è oggi generalmente assolta attraverso reti fiduciarie, che funzionano sia come sensori informativi sul mercato (locale) che come canale per acquisire lavori. Quello che serve a molte imprese è l’introduzione di strutturati meccanismi di conoscenza per i diversi segmenti di domanda. Si tratta in altri termini dello sviluppo di un management dell’informazione. Questo consentirà all’impresa di introdursi in modo più mirato all’interno dei programmi pubblici e delle filiere produttive locali.

Dal punto di vista dei servizi necessari alle imprese, possiamo dire che le imprese hanno senza dubbio necessità di informazioni veloci e concrete, dati, ricerche, notizie per orientare le strategie aziendali (es. banche dati sullo stato di conservazione degli immobili). Importante è anche offrire, in modo chiaro e comprensibile indagini di mercato, ricerche sul comportamento di utenti finali ed intermedi, previsioni di mercato. Alcune analisi possono essere approfondite anche in modo personalizzato per singole aziende o gruppi di queste: analisi della concorrenza e del posizionamento competitivo. Non sempre gli imprenditori hanno la possibilità di partecipare ad eventi, fiere, convegni: occorre che le informazioni di questi avvenimenti vengano comunque messe a loro disposizione.
Fare impresa è sempre più complicato: molti imprenditori non hanno manifestato contrarietà a ricevere aiuti esterni qualificati nella definizione delle strategie di base.
A livello più operativo sono emerse richieste di informazioni non tanto per il semplice ampliamento del mercato, quanto per l’inserimento in circuiti caratterizzati da gradi di sicurezza sull’affidabilità dei committenti. Questo tipo di esigenza richiede un superiore grado di professionalizzazione delle relazioni con l’esterno. Anche su questo versante le strutture di servizio alle imprese non riescono oggi a dare risposte soddisfacenti.


Scenari ed azioni sul versante del Prodotto

Un tema di grande rilevanza per l’organizzazione dell’impresa è quello legato al presidio dell’innovazione. Nella perdita di know how specifico e differenziante sta forse il pericolo maggiore per le PMI di costruzione. Tradizionalmente i forti connotati di informalità del lavoro impediscono una sistematizzazione metodologica della ricerca. L’innovazione appare un fatto quasi casuale.
Molte sono le difficoltà che si frappongono all’innovazione nel settore edile, che si caratterizza per la realizzazione di “prodotti unici”, attraverso processi di lavoro altamente variabili, a basso contenuto tecnologico e a forte intensità di manodopera. Organizzazione e tecnologie di cantiere poco si prestano a sostanziali innovazioni. La ricerca di efficienza si realizza più facilmente operando sulle singole fasi di lavorazione (nuove tecniche, nuovi materiali) o sul decentramento produttivo, o sui servizi al cantiere (progettazione, contabilizzazione lavori, direzione lavori).
Il prodotto edilizio è un prodotto “a banda larga” di tecnologia . Le applicazioni al prodotto di altri settori sono elevate, e non sono possibili processi di integrazione verticale. In questo senso il settore edile assomiglia a quello dei servizi, e l’edilizia è un area industriale con fortissimi apporti da altri settori. Il forte decentramento produttivo tipico del settore comporta forti rischi per il livello qualitativo delle prestazioni. Le imprese subappaltatrici non sono spinte a qualificare le lavorazioni, quanto a massimizzare la produttività. Aumenta quindi l’importanza della fiducia: non sono sostenibili i costi dei controlli, dati dal non potersi fidare.
Il settore delle costruzioni è il primo che registra una imposizione per legge (la cosiddetta Merloni, per le imprese che partecipano agli appalti pubblici) della “certificazione” della qualità del processo di produzione secondo le normative ISO. Tale scelta - per molti aspetti paradossale, in quanto ha trasformato una norma volontaria in norma cogente - è un modo per dare una risposta alla oggettiva esigenza dei committenti e delle imprese generali di esercitare un controllo dei processi produttivi esternalizzati. La norma ISO sposta l’accento dalla qualità del prodotto alla qualità del produttore. Al di là delle legittime perplessità su tale soluzione legislativa , non va dimenticato che in ogni caso la certificazione non crea qualità, non crea profitti. Il cliente fissa dei parametri, ma il fornitore deve sempre cercare di superarli.
Sempre più sopravvivere e svilupparsi significa non solo, o non tanto, fare un lavoro di qualità, ma realizzare prodotti e servizi innovativi. Chi dimostra questa capacità ottiene margini superiori e si pone al riparo da concorrenti sleali o superiori in termini di contenimento dei costi.

L’innovazione non ha quasi mai rappresentato un punto di forza per le imprese analizzate dalla nostra ricerca, i cui prodotti e processi risultano stabili nel tempo dal punto di vista tecnologico. Più facilmente le imprese edili hanno trasformato e diffuso innovazioni tecnologiche prodotte dai fornitori o dai progettisti.
Il cantiere rimane la base della produzione dell’azienda. Il calo dell’attività diretta di produzione a favore di quella di coordinamento pone all’azienda un problema, legato all’assunzione di ruoli di regia da parte di imprese medio - piccole che non hanno adeguate competenze in termini gestionali. Connessa a questa dinamica è la questione del presidio del lavoro di innovazione, che appare sempre più spostato verso professionisti e strutture esterne all’impresa stessa. Se è noto il ruolo giocato dagli studi tecnici e dai progettisti esterni, vi sono segnali che indicano come da tempo sia in crescita il peso ricoperto da imprese impiantiste, normalmente subappaltatrici delle imprese di costruzione, nel gestire il rapporto col mercato . Se tradizionalmente è sempre stata l’impresa edile che definiva l’accordo con la committenza e intorno al suo sistema creava la rete delle imprese che alla fine realizzavano le varie fasi del lavoro, in più di un caso si assiste oggi ad un rapporto diretto fra impiantista e cliente finale, che cerca una soluzione specifica ed innovativa.
Si ribalta quindi il rapporto fra imprese nella filiera. È l’impiantista che procura al cliente finale l’impresa di costruzioni, e funge da sorta di general contractor.



Azioni da sviluppare sul versante del prodotto

Molti dei servizi segnalati dalle imprese, o intuibili dalle loro richieste, hanno a che fare con la “concezione” del prodotto e dell’offerta. Le aziende (non tutte in verità) segnalano l’esigenza di sviluppare la propria capacità di offrire prodotti caratterizzati da innovazione, sia tecnologica che di rapporto col mercato.
Quello che serve è la capacità di sviluppare, essenzialmente in forma aggregata, anche a livello di piccole e medie imprese, ricerca e innovazione tecnologica dei prodotti, dei servizi e dei processi. L’aggregazione deve riguardare imprese complementari, che sviluppano offerte di edilizia e impiantistica congiuntamente. Già alcuni segnali in tal senso - rilevati anche nel corso della nostra ricerca - provengono dal mondo delle imprese di impiantistica.
In tal senso si configura l’esigenza di sviluppare servizi che facilitino l’accesso delle aziende a finanziamenti per l’innovazione. Non va tuttavia dimenticato che - a livello di altri settori produttivi - appaiono oggi sopravvalutati molti servizi volti a favorire l’accesso a finanziamenti per l’acquisto di attrezzature e macchinari: è dimostrato da numerose ricerche che questi da soli non costituiscono un incentivo ad intraprendere progetti innovativi . Quello che rimane fondamentale è la volontà di sviluppo dell’imprenditore, che si concretizza in risultati effettivi anche quando non sono disponibili finanziamenti pubblici.



Scenari ed azioni sul versante della Struttura

Ogni miglioramento della combinazione Prodotto/Mercato dell’impresa richiede un coerente adeguamento sul versante organizzativo. Le imprese si trovano a dover gestire un numero sempre più elevato di commesse rispetto alle proprie tradizioni. Spesso si tratta poi di commesse complesse, con forte rilevanza della parte impiantistica. I committenti più evoluti non si limitano al solo appalto di costruzione, ma richiedono impegni precisi anche per la successiva fase di gestione e manutenzione dell’opera. Acquisire un contratto dipende sempre più anche dalla capacità di copertura offerta dall’appaltatore di saper rispettare i termini del contratto.
La tendenza della PMI a trasformarsi sempre più in general contractor la obbliga a presidiare al meglio le fasi di regia e programmazione delle operazioni sul cantiere, col committente e coi finanziatori. Finora questo ruolo è stato reso possibile dalle basse barriere all’entrata in termini di competenze manageriali necessarie. L’approccio a segmenti specializzati di mercato richiede invece nuove competenze e capacità. La stessa tendenza all’aumento delle alleanze richiede una capacità di presidio della fase negoziale e contrattuale. Questo presidio non può che essere responsabilità, in queste realtà, del titolare di impresa, il quale ha bisogno di integrare le proprie competenze di marketing e di analisi strategica, richiede un supporto sul versante della gestione aziendale, dell’innovazione di prodotto, della contrattualistica.
La strutturazione di ruoli e responsabilità in queste aziende deve avvicinarsi sempre più a modelli per progetto, con processi contemporanei di delega, in logica dowsizing.
Occorre creare un vero e proprio Sistema Informativo Aziendale relativo alle funzioni di marketing, di produzione, di acquisto, commerciale, in modo che le informazioni rilevanti non rimangano solo nella testa dell’imprenditore.
La Programmazione dello sviluppo aziendale non può continuare ad essere vista come un optional. Forme di Business Plan, anche estremamente semplificate, vanno previste e realizzate.
A livello gestionale occorre lavorare meglio per obiettivi: il budget deve diventare uno strumento normale di lavoro.
La funzione di Relazioni esterne va modificata: da sistema chiuso a sistema aperto, in ottica di pubbliche relazioni e relazioni istituzionali.

Le imprese risentono di arretratezza sul versante dei sistemi di controllo e monitoraggio delle attività operative. Lo sviluppo di questi sistemi con supporti informatici e telematici può aiutare le imprese a monitorare le proprie performances.
La ricerca ha evidenziato come, a livello operativo, occorra aumentare alcune capacità critiche:

  • analisi sistematica dei rendimenti dei fattori produttivi;
  • studio dei movimenti dei materiali;
  • controllo qualità;
  • analisi dei rischi tecnici, economici e finanziari;
  • studio preliminare della commessa;
  • programmazione acquisti;
  • programmazione della produzione.
  • analisi finale dell’andamento della commessa, individuazione degli errori di gestione.

Sono tutte capacità finalizzate all’aumento dei livelli di conoscenza e di apprendimento dell’azienda.
In particolare un miglioramento delle competenze aziendali sul versante delle capacità di programmazione consente all’impresa di:
  • impiegare nel modo più razionale i fattori produttivi a disposizione;
  • individuare e ricercare con tempestività i mezzi finanziari necessari;
  • controllare l’andamento della produzione ed apportare i correttivi necessari in caso di scostamenti.



Azioni da sviluppare sul versante della struttura

Sul versante della struttura le azioni da intraprendere sono molteplici, alcune da realizzarsi direttamente da parte dell’azienda, altre da promuovere da enti esterni.
Le aziende devono imparare ad essere capofila di un sistema di reti; alcune delle maggiori imprese analizzate utilizzano società immobiliari collegate per procurarsi clienti: questa appare essere una strada significativa per la crescita, così come l’integrazione con impiantisti specializzati e dotati di tecnologie avanzate.
Tali strategie, per poter essere gestite operativamente, richiedono la presenza o la crescita in azienda di ruoli manageriali. L’impresa non può essere una sommatoria di commesse, ma deve basarsi su una spina dorsale composta da figure manageriali quali:
  • Direzione generale: responsabile del buon andamento dell’azienda sia come qualità tecnica dei lavori realizzati che come rispetto degli accordi contrattuali che come risultato economico-finanziario complessivo.
  • Direzione di commessa, responsabile degli obiettivi tecnici ed economici della singola commessa.
  • Direzione di cantiere, responsabile dell’organizzazione del cantiere e della conduzione dei lavori.
Queste competenze e queste figure vanno organizzate secondo uno schema “a cannocchiale”, con fasce di sovrapposizione fra tutte le posizioni contigue. La catena delle responsabilità si allunga o si accorcia a seconda delle situazioni . I ruoli sopra descritti vanno chiariti il più possibile, anche quando (e specialmente quando) alcuni di questi vengono ricoperti dalla medesima persona.
Se l’obiettivo è di creare una organizzazione "guidata dal cliente", occorre arrivare ad una organizzazione per progetto che integri il modello centralizzato attuale. Occorre passare da una situazione in cui spesso il responsabile commerciale (cioè a dire il titolare dell’impresa) funge anche da capo commessa, mantenendo la responsabilità su questa dall’inizio alla fine di tutto il ciclo di produzione e incasso, ad una situazione in cui si verifica un passaggio di consegne dal responsabile commerciale ad un capo commessa distinto (socio o dipendente che sia). Questo capo commessa deve essere responsabile del rispetto degli impegni contrattuali sia dal punto di vista tecnico che economico/finanziario; spetta al capo commessa operare per la soddisfazione del cliente nel rispetto delle procedure aziendali (programmazione, s.a.l., incassi, rendicontazioni, etc.) e lavorare per lo "sviluppo commerciale" della commessa stessa.
La gestione della commessa rappresenta la base del cambiamento organizzativo. L’impresa che vuole crescere deve are in modo che la commessa venga sempre più presidiata da una responsabilità distinta da quella del titolare o del socio che si occupa dell’azione commerciale. Programmazione dei tempi di fine lavoro/consegna, aggiornamento commesse in corso d'opera e s.a.l., modifiche in corso d'opera, rendiconti di fine lavoro, controllo lavorazioni extra, controllo dei margini, individuazione delle responsabilità in caso di contestazioni (e conseguenti insoluti e/o sconti finali) sono tutte attività che richiedono presidio costante e attenzione specifica e che rappresentano una formidabile palestra per la crescita di collaboratori.

Ai ruoli manageriali sopra descritti occorre affiancare funzioni di supporto di:
  • contabilità tecnica e amministrativa;
  • preventivazione;
  • progettazione.
Sono funzioni che possono essere ricoperte anche da strutture e personale esterno all’impresa, che devono tuttavia trovare dentro l’impresa una competenza di base in grado di orientarne l’azione e controllarne i risultati.
Va sviluppata la capacità interna di selezione e formazione del personale, attraverso la dotazione di appositi strumenti di gestione; la stessa formazione tecnica ed imprenditoriale dei dipendenti e collaboratori va portata il più possibile all’interno delle aziende.

Gli Enti esterni, pubblici o associativi, possono promuovere iniziative formative aggregando imprenditori che abbiano obiettivi e strategie comuni: forte è l’esigenza di confronto e dialogo tra imprese, di interscambio di esperienze, di creazione di nuove forme di aggregazione economica. Tale esigenza può essere soddisfatta efficacemente da attori percepiti come neutri rispetto alle dinamiche competitive fra imprese. Nel corso della ricerca l’associazione di categoria ed il consorzio sono emersi come luogo preferenziale di scambio e di acquisizione di informazioni, spesso “a latere” di altre iniziative. Questa funzione laterale va ulteriormente enfatizzata e portata allo scoperto, aumentando la creazione di momenti seminariali o di eventi informativi, che risultano preferiti rispetto a modalità informative istituzionali o formalizzate.
Allo stesso modo le associazioni di rappresentanza possono dare supporto alle imprese sul versante della selezione e formazione del personale, o aiutare l’imprenditore a trasmettere competenze e responsabilità all’interno della famiglia, ai dipendenti, a esterni .
Un servizio estremamente opportuno è quello di verifica delle potenzialità dell’azienda e della capacità di sviluppo. Una valutazione esterna, oggettiva, può essere di grande aiuto all’imprenditore, troppo spesso isolato nel suo ruolo e privo di interlocutori che possano comprendere le sue problematiche decisionali.

Una ulteriore ipotesi di lavoro è quella della generazione di imprese collegate. Troppo spesso si sente lamentare dai titolari di impresa che i bravi collaboratori scappano per mettersi in proprio, e che quelli che rimangono non sono interessati ad un coinvolgimento nella compagine aziendale.
Una strada da percorrere può essere quella di favorire non tanto la compartecipazione, quanto una vera e propria creazione di imprese da parte dei collaboratori più bravi e motivati (probabilmente destinati ad andarsene comunque dall’azienda, e magari in malo modo), con cui mantenere relazioni sia finanziarie (attraverso partecipazioni di capitale) che commerciali che tecniche, in ottica di partnership e comakership. Si trasmetterebbe in questo modo anche il “codice genetico” dell’impresa, quel linguaggio comune che consente ai diversi soggetti di cooperare in un network strutturato.
Quest’ultima prospettiva configura una sorta di mutamento epocale dell’impresa, da sempre abituata a fare da sé, verso una configurazione di impresa a rete vera e propria.

LE PROBLEMATICHE ORGANIZZATIVE DELLE IMPRESE EDILI

LE PROBLEMATICHE ORGANIZZATIVE DELLE IMPRESE EDILI

di Giuliano Nicolini Estratto da: G. NICOLINI - E. RONCHETTI: Imprese di costruzioni e costruttori di imprese, rapporto di ricerca, CCIAA Bologna, 1999

Il settore delle costruzioni è un settore a elevata polverizzazione di impresa, con fortissimo ricorso al decentramento produttivo. Prevalgono assetti informali di organizzazione del lavoro e impiego di metodologie costruttive consolidate, normalmente gestite da imprese che assolvono funzioni di governo dell’intero processo.

È un settore caratterizzato da:

· pluralità degli attori interessati: i progetti edili richiedono un grande numero di lavoratori specializzati. Coordinare questi specialisti nel corso di un progetto è un compito altamente complesso;

· unicità del progetto: la tecnologia adottata nel settore delle costruzioni è di natura intensiva, ovvero i progetti edili richiedono una combinazione di input di lavoro e materiali unica, eseguita e coordinata sul posto, comportando perciò transazioni differenti da quelle relative alla produzione di massa ed alle tecnologie di processo;

· durata temporanea dei progetti: ogni progetto non è a tempo illimitato e questo impone all’impresa edile una continua supervisione delle possibilità di lavoro future.

Prevale nel settore la forma organizzativa della quasi organizzazione [1] , ossia una particolare forma di organizzazione che, secondo l’approccio dei costi di transazione [2] , presenta contemporaneamente alcune caratteristiche dei mercati e delle gerarchie

Le variabili piccoli numeri ed opportunismo non risultano essere particolarmente presenti in questo specifico settore. La durata temporanea dei progetti rende possibile una immediata chiusura della transazione nella situazione in cui uno dei partner adotti comportamenti opportunistici; inoltre l’unicità di qualsiasi progetto, legata sempre alla temporaneità del lavoro, rende bassa la possibile maturazione di una conoscenza idiosincratica, dal momento in cui risultano ridotti i vantaggi di prima mossa.

Appare invece estremamente alta l’incidenza di incertezza e razionalità limitata.

La quasi organizzazione è il meccanismo di governo risultante di questi aspetti; se il basso rischio di opportunismo e di monopolio bilaterale rende efficiente il mercato come sistema di regolazione fra i vari attori coinvolti, l’alta incertezza correlata alla elevata incidenza della razionalità limitata richiedono elementi di integrazione e perciò di controllo gerarchico. Risulta quindi conveniente alle imprese ricorrere a forme di coordinamento intermedie fra il mercato e la gerarchia. È difficile per le parti trovare eque condizioni dello scambio a causa dell’impossibilità di disporre di tutte le informazioni necessarie per la valutazione. È impossibile includere in un contratto tutte le possibili clausole che rendano inequivocabile il comportamento delle parti. Ne consegue una inevitabile cooperazione fra imprese, che si manifesta, specie fra le imprese di minori dimensioni, non tanto in accordi formalizzati, quanto nella creazione di un linguaggio operativo comune su specifici progetti, fra imprese accomunate da fiducia reciproca e rapporti stabili.

Quelle che sono state definite a lungo come caratteristiche di arretratezza del settore, e cioè la frammentazione dell’offerta ed il massiccio il ricorso all’outsourcing per le forniture ed i servizi specialistici, altro non sono che la ricerca della minimizzazione dei costi di transazione da parte delle imprese. Si tratta di outsourcing su basi relazionali semi-stabili, centrate su progetti specifici. Per certi aspetti, niente di più moderno.

1.1 Organizzazione di impresa e organizzazione di cantiere

La piccola impresa di costruzioni fa parte di un sistema sovraordinato dai confini più vasti dei suoi confini giuridici. In questo sistema avvengono continuamente scambi improntati a competizione e collaborazione. Gestire una impresa in questo contesto significa progettare e governare reti e relazioni.

In edilizia è impossibile pensare ad un processo di sviluppo organizzativo di una azienda che non tenga conto dell’evoluzione complessiva del settore. Il prodotto della costruzione edilizia è l’effetto degli sforzi coordinati di un ciclo di imprese che convergono di volta in volta su un programma specifico: il cantiere.

Le imprese edili presentano quindi due realtà al proprio interno: quella della sede, composta da personale stabile, con responsabilità direttive e gestionali e collocazione normalmente chiara all’interno dell’organizzazione; e quella del cantiere, formata da persone che occupano ruoli temporanei e spesso non definiti.

La commessa-cantiere è l’elemento che caratterizza in modo determinante l’impresa edile, che si costituisce, organizza e struttura sulla base di tale elemento.

Rispetto ad una schematizzazione standard dell’organizzazione di commessa:

nei cantieri troviamo le soluzioni organizzative più diverse per quanto riguarda le funzioni base: cantierizzazione del progetto, lay out del cantiere, definizione del programma dei lavori, opzioni make or buy, individuazione di fornitori e sub-appaltatori, definizione dei budget economici e finanziari, gestione operativa del cantiere, gestione del progetto (varianti, etc), controllo di avanzamento del progetto, controllo dei costi e dei ricavi di commessa.

Nel cantiere agisce una manodopera poliedrica, abituata ad usare tecniche e manufatti di tipo tradizionale, che riesce a supplire alle carenze di programmazione e formalizzazione procedurale tipiche del settore. L’integrazione è data da obiettivi comuni e da prassi consolidate, oltre che dall’intervento gerarchico del capo cantiere; molto meno efficaci sono regole formalizzate, in quanto nel cantiere prevalgono regole d’arte non scritte. La univocità del processo operativo ha consentito tradizionalmente una collocazione abitudinaria di tutti coloro che intervengono nel processo, in quanto tutti conoscono il proprio ruolo. Si tratta di una vera e propria unità di intenti, possibile però solo con riferimento alle opere di tipo tradizionale e relativamente semplici [3] .

L’unica vera figura con un ruolo di tipo gerarchico è quella del capo commessa, che consente di compattare il sistema delle relazioni e i flussi informativi relativi. Al capo commessa, vero e proprio Project Manager, afferiscono responsabilità sui tempi, costi, qualità dell’opera, coordinamento dei rapporti organizzativi interni e mantenimento delle relazioni con il committente.

La collocazione organizzativa del Capo Commessa varia da impresa a impresa: si può andare dalla creazione di task force all’organizzazione per matrice, fino all’organizzazione per progetto. Man mano che ci si sposta verso l’organizzazione per progetto aumenta il grado di influenza del Capo Commessa.

Fig. 1 - Le possibili configurazioni organizzative del ruolo del Capo Commessa

In epoca recente il ruolo del capo Commessa come “integratore gerarchico” ha iniziato ad entrare in crisi causa:

· l’allungamento delle catene commerciali ed operazionali; le prime afferiscono al numero di fasi in cui si realizza il valore aggiunto, le seconde alla crescita del numero dei livelli gerarchici necessari per arrivare alla singola lavorazione [4] ;

· l’aumento delle funzioni di supporto per la realizzazione della commessa: progettazione, controllo di gestione, studio gare, etc..

Ne deriva un aumento della complessità della gestione delle commesse con i meccanismi tipici della gerarchia.

Le imprese edili stanno dando vita da tempo ad alcune linee di tendenza:

· aumenta il ricorso ad aziende esterne per la realizzazione di parti sempre più rilevanti dei processi tecnico-produttivi: è la logica del general contractor che si estende anche alle PMI edili;

· aumenta il ricorso ad accordi più o meno paritetici con una pluralità di imprese per l’organizzazione e realizzazione di progetti edilizi.

Si accentuano due fenomeni: l’impresa di costruzioni diventa sempre più “generale”, il lavoro edile diventa sempre più autonomo e atomizzato. In uno dei settori più labour intensivesi realizza il massimo della flessibilità sul fattore lavoro. Il subappalto è diventato prassi generalizzata, con forme contrattuali le più varie per aggirarne i limiti imposti dalla legge. L’altra faccia della medaglia è la crescita del lavoro nero, del tasso di infortuni, delle agenzia di intermediazione di manodopera (caporalato), della presenza della criminalità organizzata [5] . L’appaltatore generale si serve in modo estensivo di un piccolo numero di subappaltatori per ogni attività. Con questi l’appaltatore effettua transazioni frequenti e i rapporti si mantengono per lunghi periodi di tempo; in molti casi si tratta di subappaltatori di solo lavoro che lavorano con materiali forniti dall’appaltatore (cottimisti). Si forma così un raggruppamento di imprese piuttosto stabile , con qualche variante nella composizione dei subappaltatori ad ogni progetto, che ha in sè caratteristiche delle transazioni di mercato e di quelle gerarchiche [6] .

L’impresa generale si disimpegna sempre più dalle attività produttive per assumere un ruolo di regia del decentramento. Non ha sempre tuttavia le competenze manageriali per ricoprire con efficacia il ruolo di regia del subappalto. È la crescente terziarizzazione delle imprese, il passaggio dalla focalizzazione sulla realizzazione della commessa alla gestione del business, e alla fornitura di servizio di “governo” del processo per conto della committenza. È il passaggio dal “montare prodotti” al “montare affari”.

Bibliografia

  • Cicconi I. [1997], I paradossi della produzione postfordista nel settore delle costruzioni, in Bologna S. - Fumagalli A., Il lavoro autonomo di seconda generazione, Feltrinelli
  • Costantino N. [1996], La gestione del progetto in edilizia: problematiche organizzative e di mercato, in L’industria, n.2 1996
  • Eccles R.G. [1981], Le quasi organizzazioni nel settore edilizio, in Rugiadini - Nacamulli (a cura di), [1985], Organizzazione & Mercato, Il Mulino
  • Garaventa S. - Pirovano A. [1994], L’Europa dei progettisti e dei costruttori, Masson
  • Rugiadini - Nacamulli (a cura di), [1985], Organizzazione & Mercato, Il Mulino
  • Zan S. [1988], Logiche di azione organizzativa, Il Mulino


[1] Eccles, 1981

[2] Sull’approccio dei costi di transazione vedi Nacamulli - Rugiadini (1985) e Zan (1988)

[3] Garaventa - Pirovano (1994)

[4] Costantino, pag. 380

[5] A questo proposito va detto che più che di subappalto appare opportuno parlare di “subcontrattazione” - Vedi Cicconi (1997)

[6] Cicconi (1997)